sabato 8 novembre 2014

Capitolo 3



Scese da casa per dirigersi al bar di Pino, dove era solito, prima di recarsi all’allenamento giornaliero, fare colazione insieme alla sua squadra. Il suo sorriso, sfacciato e sicuro, quella mattina appariva spento, a causa della mancanza della sua compagna inseparabile, la Suzuki GSX, lasciata da sola giù al box.
Durante l’ultima partita di rugby, aveva subito un brutto placcaggio ed era caduto poggiando in malo modo il polso destro. Per il resto dell’incontro, aveva cercato di celare il dolore, per non far impensierire il mister e rischiare di essere sostituito. Dopo due giorni, quel fastidio continuava a persistere e Christian stava cominciando a preoccuparsi seriamente.
Per non dare nell’occhio, quella mattina preferì non fasciarselo. Arrivò da Pino, dove era trattato come una vera star, e nascose la mano in tasca per evitare il saluto degli amici. Entrò nell’accogliente bar, corredato da un lungo bancone di marmo e una vetrina ricca di cornetti di ogni specie, graffe e bombe a cioccolato. Lungo la parete vetrata erano disposti una serie di tavolini, molti dei quali occupati dai ragazzi della sua squadra di rugby.
«Buongiorno belli.» Salutò ad alta voce.
«Christian, è stata una grande vittoria. Domenica ne vogliamo un’altra.» Urlò Don Carmelo, alzando l’occhio dal suo Corriere dello Sport che leggeva per ore seduto al bar, lontano dalla moglie, che in casa trovava di continuo qualcosa da fargli fare.
“Con questo polso non so nemmeno se riuscirò a giocare.” Sorrise senza far trapelare la sua preoccupazione.
«Caffè gratis solo per il nostro capitano.» Dichiarò Pino, il barista supertifoso della loro squadra.
Christian si avvicinò al bancone e cominciò a sorseggiare il suo caffè fumante. Gli si accostò Pietro, il suo inseparabile amico e “trequartista”. «Christian, il mister ci ha fornito due biglietti gratis a testa per la prossima partita. Tieni, potresti invitarci qualche bella ragazza.»
Christian prese i biglietti e li infilò in tasca. «Il mister mi paga anche l’hotel per il post-partita?» Chiese sorridendo al compagno.
«Se vai a meta, ti fa trovare anche lo spumante in camera.» Pietro gli diede una possente pacca sulla spalla, senza smuoverlo di un millimetro. Era il suo giocatore più agile e scattante, ma comunque più basso e meno robusto di lui.
Dopo aver gustato l’ottimo caffè, Christian posò la tazzina e si avvicinò al tavolino, dove erano seduti altri compagni di squadra. «Ragazzi, ho già avvisato il mister. Oggi devo saltare l’allenamento per causa di forza maggiore.»
«Chi è questa volta?» Chiese uno di loro.
«L’avete vista quella bionda in prima fila durante l’ultima partita?»
«Quella con due tette enormi che ha saltato e urlato per tutto il tempo?» Descrisse con precisione Giovanni, il loro enorme “mediano di mischia”.
«Bravo! Oggi sarà castigata per aver urlato troppo forte.»
«Grande Christian! Vorrei punirla anch’io.»
«Non ti preoccupare, gliene servirò un po’ anche da parte tua.»
Gli amici scoppiarono a ridere.
«Ragazzi ora devo andare, il dovere chiama.»
«Ci vediamo al prossimo allenamento.»
«Se ne esco vivo.»
In realtà, l’appuntamento non era con la bella bionda dai grossi seni. Si allontanò dal bar a piedi, sperando che la cosa non accendesse il dubbio nei compagni. Per non sforzare il polso fu costretto a prendere il bus fino a destinazione.

Entrò nello studio Conte e si diresse alla reception: «Sono il signor Christian Salvato. Ho prenotato una radiografia al polso.»
La signorina cercò il suo nome sulla lista degli appuntamenti. «Prego, si accomodi in sala d’attesa, la chiamerò quando è il suo turno.»
Christian si voltò e diede un’occhiata ai posti liberi. La sala era ancora vuota, tranne che per una signora anziana con il ventaglio in mano e una ragazza mora che smanettava con lo smartphone. Decise, con facilità, di sedersi accanto alla bella ricciolona.
Si avvicinò a lei e la salutò con un sorriso. Purtroppo, la ragazza fu completamente indifferente. Si sedette e provò subito a rompere il ghiaccio.
«Anche tu qui per una radiografia?»
«Eh sì.» Rispose senza distogliere lo sguardo da “Candy Crush Saga”.
«Immagino una distorsione alla caviglia.» Disse notando la vistosa fasciatura intorno al piede. «Sai sono uno sportivo, me ne intendo.»
«Ah sì.»
«Gioco a rugby. Durante l’ultima partita ho subito un brutto placcaggio e ho ancora il polso dolorante. L’importante è che abbiamo vinto.»
«Complimenti.» Gli rispose disinteressata.
«Spero solo che non sia niente di serio. Non vorrei compromettere le prossime partite. I ragazzi fanno affidamento su di me.»
«Tu non rimani mai in silenzio?» Ribatté ormai stufa del continuo interloquire del ragazzo, mentre sul display del suo cellulare uscì la scritta “Riprova”.
«Scusa. Lo so, parlo un po’ troppo. Era per ingannare l’attesa.» Si passò la mano tra i suoi ricci castano chiaro e un secondo dopo continuò. «A te cosa è successo invece?»
La ragazza rispose, rassegnata dalla sua insistenza. «Ho preso una storta mentre correvo. Per fortuna mi ha soccorso un dottore che era nei dintorni.»
«Allora sei anche tu una sportiva. Ti piace il rugby?»
«Non so nemmeno cosa sia.»
«Per combinazione ho qui con me due biglietti gratis per la prossima partita. Potrei regalarteli. Verresti con qualche tua amica. Di sicuro ti piacerà.»
«No grazie, non m’interessa.» Rispose con educazione.
A interrompere la loro conversazione ci pensò la segretaria dello studio: «Signora Sofia Esposito, è il suo turno.»
«Scusa, devo andare.»
«Ciao, a dopo.»
Sofia si alzò dalla sedia e si recò nella stanza delle radiografie. Christian, invece, rimase seduto, maledicendo la segretaria che aveva interrotto il suo approccio infallibile.
“Non è niente male la moretta. Devo riprovarci appena torna.” Decise di cambiare strategia e provare qualcosa di più diretto. Scrisse il suo nome e numero di telefono dietro uno dei biglietti e aspettò con calma.
Passati circa una decina di minuti, Sofia uscì dalla stanza, dove si era appena sottoposta a una dose di raggi X, e rientrò nella sala d’attesa. Appoggiò la borsa sulla sedia a fianco di Christian, la aprì e cominciò a scavarci dentro.
«Tutto bene allora?» Le chiese Christian sorridendo.
«Dovrei cavarmela, grazie.» Rispose lei sempre più scostante.
«Ti volevo chiedere se…»
Sofia afferrò il portafoglio e si allontanò verso il bancone senza far caso alle sue parole.
“Caspita, è tosta. Non penso li accetterà.” Prese atto Christian, non trovandola particolarmente interessata. Quando si accorse che con leggera ingenuità aveva lasciato la borsa aperta sulla sedia. “Ora o mai più.” Ne approfittò subito. Infilò i due biglietti nel taschino laterale della borsa e spostò di scatto l’attenzione verso un’altra direzione.
«Signor Christian Salvato. E’ il suo turno.» Chiamò la segretaria.
Christian si alzò e incrociò Sofia.
«Ci si rivede allora?» La salutò con un sorriso divertito disegnato sulla faccia.
«Come no.»
“Mi chiamerà. E’ già pazza di me.”

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