Scese da casa per
dirigersi al bar di Pino, dove era solito, prima di recarsi all’allenamento giornaliero, fare colazione insieme alla sua
squadra. Il suo sorriso, sfacciato
e sicuro, quella mattina appariva spento, a causa della mancanza della sua
compagna inseparabile, la Suzuki GSX, lasciata da sola giù al box.
Durante l’ultima
partita di rugby, aveva subito un brutto placcaggio ed era caduto poggiando in
malo modo il polso destro. Per il resto dell’incontro, aveva cercato di celare
il dolore, per non far impensierire il mister e rischiare di essere sostituito. Dopo due giorni, quel fastidio continuava a persistere e Christian stava
cominciando a preoccuparsi seriamente.
Per non dare nell’occhio, quella mattina preferì non fasciarselo. Arrivò da Pino, dove era trattato come una vera star, e nascose la mano in tasca per evitare il saluto degli amici. Entrò nell’accogliente bar, corredato da un lungo bancone di marmo e una vetrina ricca di cornetti di ogni specie, graffe e bombe a cioccolato. Lungo la parete vetrata erano disposti una serie di tavolini, molti dei quali occupati dai ragazzi della sua squadra di rugby.
Per non dare nell’occhio, quella mattina preferì non fasciarselo. Arrivò da Pino, dove era trattato come una vera star, e nascose la mano in tasca per evitare il saluto degli amici. Entrò nell’accogliente bar, corredato da un lungo bancone di marmo e una vetrina ricca di cornetti di ogni specie, graffe e bombe a cioccolato. Lungo la parete vetrata erano disposti una serie di tavolini, molti dei quali occupati dai ragazzi della sua squadra di rugby.
«Buongiorno
belli.» Salutò ad alta voce.
«Christian, è
stata una grande vittoria. Domenica ne vogliamo un’altra.» Urlò Don Carmelo, alzando
l’occhio dal suo Corriere dello Sport che leggeva per ore seduto al bar,
lontano dalla moglie, che in casa trovava di continuo qualcosa da fargli fare.
“Con questo
polso non so nemmeno se riuscirò a giocare.” Sorrise senza far trapelare la sua
preoccupazione.
«Caffè gratis
solo per il nostro capitano.» Dichiarò Pino, il barista supertifoso della loro
squadra.
Christian si
avvicinò al bancone e cominciò a sorseggiare il suo caffè fumante. Gli si accostò
Pietro, il suo inseparabile amico e “trequartista”. «Christian, il mister ci ha
fornito due biglietti gratis a testa per la prossima partita. Tieni, potresti
invitarci qualche bella ragazza.»
Christian prese
i biglietti e li infilò in tasca. «Il mister mi paga anche l’hotel per il
post-partita?» Chiese sorridendo al compagno.
«Se vai a meta,
ti fa trovare anche lo spumante in camera.» Pietro gli diede una possente pacca
sulla spalla, senza smuoverlo di un millimetro. Era il suo giocatore più agile
e scattante, ma comunque più basso e meno robusto di lui.
Dopo aver gustato
l’ottimo caffè, Christian posò la tazzina e si avvicinò al tavolino, dove erano
seduti altri compagni di squadra. «Ragazzi, ho già avvisato il mister. Oggi
devo saltare l’allenamento per causa di forza maggiore.»
«Chi è questa
volta?» Chiese uno di loro.
«L’avete vista
quella bionda in prima fila durante l’ultima partita?»
«Quella con due tette
enormi che ha saltato e urlato per tutto il tempo?» Descrisse con precisione
Giovanni, il loro enorme “mediano di mischia”.
«Bravo! Oggi
sarà castigata per aver urlato troppo forte.»
«Grande Christian!
Vorrei punirla anch’io.»
«Non ti
preoccupare, gliene servirò un po’ anche da parte tua.»
Gli amici
scoppiarono a ridere.
«Ragazzi ora
devo andare, il dovere chiama.»
«Ci vediamo al
prossimo allenamento.»
«Se ne esco vivo.»
In realtà,
l’appuntamento non era con la bella bionda dai grossi seni. Si allontanò dal
bar a piedi, sperando che la cosa non accendesse il dubbio nei compagni. Per
non sforzare il polso fu costretto a prendere il bus fino a destinazione.
Entrò nello
studio Conte e si diresse alla reception: «Sono il signor Christian Salvato. Ho
prenotato una radiografia al polso.»
La signorina
cercò il suo nome sulla lista degli appuntamenti. «Prego, si accomodi in sala
d’attesa, la chiamerò quando è il suo turno.»
Christian si
voltò e diede un’occhiata ai posti liberi. La sala era ancora vuota, tranne che
per una signora anziana con il ventaglio in mano e una ragazza mora che
smanettava con lo smartphone. Decise, con facilità, di sedersi accanto alla
bella ricciolona.
Si avvicinò a
lei e la salutò con un sorriso. Purtroppo, la ragazza fu completamente
indifferente. Si sedette e provò subito a rompere il ghiaccio.
«Anche tu qui
per una radiografia?»
«Eh sì.» Rispose
senza distogliere lo sguardo da “Candy Crush Saga”.
«Immagino una
distorsione alla caviglia.» Disse notando la vistosa fasciatura intorno al
piede. «Sai sono uno sportivo, me ne intendo.»
«Ah sì.»
«Gioco a rugby.
Durante l’ultima partita ho subito un brutto placcaggio e ho ancora il polso
dolorante. L’importante è che abbiamo vinto.»
«Complimenti.» Gli
rispose disinteressata.
«Spero solo che
non sia niente di serio. Non vorrei compromettere le prossime partite. I
ragazzi fanno affidamento su di me.»
«Tu non rimani
mai in silenzio?» Ribatté ormai stufa del continuo interloquire del ragazzo,
mentre sul display del suo cellulare uscì la scritta “Riprova”.
«Scusa. Lo so, parlo
un po’ troppo. Era per ingannare l’attesa.» Si passò la mano tra i suoi ricci
castano chiaro e un secondo dopo continuò. «A te cosa è successo invece?»
La ragazza rispose,
rassegnata dalla sua insistenza. «Ho preso una storta mentre correvo. Per
fortuna mi ha soccorso un dottore che era nei dintorni.»
«Allora sei
anche tu una sportiva. Ti piace il rugby?»
«Non so nemmeno
cosa sia.»
«Per combinazione
ho qui con me due biglietti gratis per la prossima partita. Potrei regalarteli.
Verresti con qualche tua amica. Di sicuro ti piacerà.»
«No grazie, non m’interessa.»
Rispose con educazione.
A interrompere
la loro conversazione ci pensò la segretaria dello studio: «Signora Sofia
Esposito, è il suo turno.»
«Scusa, devo
andare.»
«Ciao, a dopo.»
Sofia si alzò
dalla sedia e si recò nella stanza delle radiografie. Christian, invece, rimase
seduto, maledicendo la segretaria che aveva interrotto il suo approccio
infallibile.
“Non è niente
male la moretta. Devo riprovarci appena torna.” Decise di cambiare strategia e
provare qualcosa di più diretto. Scrisse il suo nome e numero di telefono
dietro uno dei biglietti e aspettò con calma.
Passati circa
una decina di minuti, Sofia uscì dalla stanza, dove si era appena sottoposta a
una dose di raggi X, e rientrò nella sala d’attesa. Appoggiò la borsa sulla
sedia a fianco di Christian, la aprì e cominciò a scavarci dentro.
«Tutto bene
allora?» Le chiese Christian sorridendo.
«Dovrei
cavarmela, grazie.» Rispose lei sempre più scostante.
«Ti volevo
chiedere se…»
Sofia afferrò il
portafoglio e si allontanò verso il bancone senza far caso alle sue parole.
“Caspita, è
tosta. Non penso li accetterà.” Prese atto Christian, non trovandola
particolarmente interessata. Quando si accorse che con leggera ingenuità aveva lasciato
la borsa aperta sulla sedia. “Ora o mai più.” Ne approfittò subito. Infilò i
due biglietti nel taschino laterale della borsa e spostò di scatto l’attenzione
verso un’altra direzione.
«Signor Christian
Salvato. E’ il suo turno.» Chiamò la segretaria.
Christian si
alzò e incrociò Sofia.
«Ci si rivede
allora?» La salutò con un sorriso divertito disegnato sulla faccia.
«Come no.»
“Mi chiamerà. E’ già pazza di me.”
“Mi chiamerà. E’ già pazza di me.”
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